Non voglio più specchi
per i miei amori.
Se ho chiusi tutti i cancelli
non è per paura
di aprirmi.
Chi ha deciso di lasciare
fuori il presente.
E di fare del passato
questo cimitero.
E di non avere
più niente da volere?
Le nuove case le hanno costruite
per tenere dentro
lo spazio.
Non il tempo.
Perse le radici
la vita è sopravvivenza
di tavoli senza ricordi
di mani e voci
a odiarsi
a volersi
indistinti.
Ringrazia.
Hanno detto,
una casa è solo una casa.
Potere della semplicità.
Così sono diventati tutti
grati per un dono
che è ricatto.
Ti fanno nuova
per ricchi di passaggio,
seduti larghi pesanti
veloci solo a smuovere
il mondo.
Dentro uffici e alberghi,
banche e bar di lusso,
tra mercenari e puttane.
Ringrazia.
Niente case
dove alla fine morire.
Hanno tutti l’anima bassa.
Fanno fatica, non sanno più dove sono.
I nomi non ricordano,
non c’è un angolo in cui venga voglia
di aspettare qualcuno.
Per colpa mia
o perché al mondo adesso
stanno tutti meglio.
Come quegli uccelli
che in gabbia non sai mai
perché cantano.
Mi hai sentita cantare?
Ho una pace quando ti sento.
Come una risata.
Anche la notte,
nel buio, quello tuo,
che posso vedere meglio il cielo.
E non mi fai paura.
Ne ho abbastanza di
silenzio.
Che fa morti.
Che fine ha fatto il desiderio?
Quel crinale che chiami memoria
è fatto per i vivi,
quelli che lo sanno come fare
a non morire prima.
Lo senti il profumo dei mandorli?
A svuotarmi saranno cose
senza storia.
Ci sono le vene e le strade
a decidere per noi.
Il corpo è tutto
quello che abbiamo.
Allora dimmi dov’è,
dov’è il mio corpo?
Se la mia testa ha perso conoscenza.
Se ho solo freddo,
e non ho più nessuno che mi arrivi fino in fondo, e si svegli con me, e si lasci andare
alla notte, per le strade,
su letti zattere che attraversino
il buio,
lo spazio pubblico
della nostra memoria.
Ti faranno solo un giro intorno.
Un senso di benessere
è la felicità
che vogliono.
Venire e andare via
per prendere senza restare
per la paura di odori forti che disegnano
il confine, e fa diversi.
Che è meglio l’uguale.
Che non meraviglia.
E non c’è mai altezza
e non c’è mai caduta.
Oggi ho visto correre le rondini.
E mi sono venuti in mente quei bambini
che sparlano la stessa lingua
e volano a vuoto le nuove città.
Li ho visti ballare
in docile duello
sospesi, incoscienti.
Forse sono loro che senza ricordo
abiteranno,
con gli occhi in avanti
che dietro non conta.
Spianato il crinale
sapranno cosa fare
senza più sapere.
Giovanni Cocco, Caterina Serra
Caterina Serra
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